Depenalizzazione parziale del reato di omesso versamento delle ritenute previdenziali
Il decreto legislativo 15 gennaio 2016, n. 8, recante “Disposizioni in materia di depenalizzazione, a norma dell’articolo 2, comma 2, della legge 28 aprile 2014, n. 67”, entrato in vigore il 6 febbraio 2016, ha disposto la depenalizzazione di numerose ipotesi di reato in materia di lavoro e previdenza obbligatoria, prevedendone la trasformazione in illeciti amministrativi.
Tra le ipotesi di reato interessate dall’intervento normativo figura quello di omesso versamento delle ritenute previdenziali effettuate dal datore di lavoro di cui all’articolo 2, comma 1-bis, del decreto-legge 12 settembre 1983, n. 463, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 novembre 1983, n. 638, che è stato sostituito dall’articolo 3, comma 6, del decreto legislativo n. 8/2016.
Con la circolare n. 121 del 5 luglio 2016 è stato illustrato il nuovo quadro normativo, che ha parzialmente depenalizzato il reato in questione, introducendo due diverse fattispecie sanzionatorie collegate all’importo dell’omissione. Per effetto di tale intervento legislativo, dunque, la sanzione penale della reclusione fino a tre anni, congiunta alla multa fino a 1.032 euro, si applica ai soli omessi versamenti di importo superiore a 10.000 euro annui, mentre se l’importo omesso è inferiore alla predetta soglia si applica la sanzione amministrativa pecuniaria da 10.000 euro a 50.000 euro.
Con la presente circolare si forniscono disposizioni operative preordinate all’emissione dell’ordinanza-ingiunzione per l’irrogazione della sanzione amministrativa pecuniaria, in caso di fondatezza dell’accertamento e di assenza del pagamento delle ritenute omesse ovvero di assenza del pagamento della sanzione in misura ridotta entro i termini normativamente previsti, nonché all’emissione dell’ordinanza motivata di archiviazione di cui all’articolo 18 della legge 24 novembre 1981, n. 689[1].
2. La fattispecie dell’illecito amministrativo e il regime sanzionatorio di cui all’articolo 2, comma 1-bis, del decreto-legge 12 settembre 1983, n. 463, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 novembre 1983, n. 638
L’articolo 2 del decreto-legge n. 463/1983, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 638/1983, dopo avere fissato al comma 1 l’obbligo in capo al datore di lavoro del versamento delle ritenute previdenziali e assistenziali operate sulle retribuzioni dei lavoratori dipendenti, ivi comprese le trattenute effettuate ai sensi degli articoli 20, 21 e 22 della legge 30 aprile 1969, n. 153[2], al comma 1-bis, come novellato dall’articolo 3, comma 6, del decreto legislativo n. 8/2016, ha stabilito che l’omesso versamento per un importo fino a 10.000 euro annui è soggetto alla sanzione amministrativa pecuniaria da 10.000 euro a 50.000 euro, salvo che il versamento delle ritenute omesse venga effettuato entro tre mesi dalla contestazione o dalla notifica dell’accertamento della violazione[3].
Anche nell’attuale formulazione della norma, in una logica di attenuazione della sanzione in presenza di un comportamento attivo del datore di lavoro, si prevede infatti la non assoggettabilità alla sanzione amministrativaper le violazioni sotto soglia, qualora il versamento delle ritenute omesse venga effettuato entro tre mesi dalla contestazione o dalla notifica dell’accertamento della violazione.
In proposito, come evidenziato con la citata circolare n. 121/2016, il Ministero del Lavoro e delle politiche sociali – Direzione Generale per l’Attività Ispettiva – con propria circolare n. 6/2016 del 5 febbraio 2016 ha precisato che “si ritiene che si debba escludere l’applicazione dell’articolo 13, D.Lgs. n. 124/2004, risultando applicabile esclusivamente la procedura di cui agli artt. 14 e 16, L. n. 689/1981”.
La medesima circolare, nel ribadire la competenza del personale ispettivo del Ministero del Lavoro e delle politiche sociali, dell’Inps e dell’Inail ad irrogare le sanzioni per gli illeciti commessi dal 6 febbraio 2016, ha chiarito che “l’unico criterio rintracciabile nell’ambito del quadro regolatorio vigente risulta essere quello contemplato dall’art. 35, comma 2, della L. n. 689/1981, in forza del quale “per le violazioni consistenti nell’omissione totale o parziale del versamento di contributi e premi, l’ordinanza-ingiunzione è emessa, ai sensi dell’articolo 18, dagli enti ed istituti gestori delle forme di previdenza e assistenza obbligatori (…)”.
Per le fattispecie di illecito amministrativo, l’articolo 16 della legge n. 689/1981 disciplina inoltre il pagamento in misura ridotta pari alla terza parte del massimo della sanzione prevista per la violazione commessa o, qualora più favorevole e se sia stato stabilito il minimo della sanzione edittale, pari al doppio del relativo importo. Tale pagamento deve essere effettuato entro il termine di sessanta giorni dalla contestazione immediata o, se questa non vi è stata, dalla notificazione degli estremi della violazione.
La misura ridotta nel caso in trattazione è pari a 16.666 euro, ossia alla terza parte del massimo della sanzione prevista di 50.000 euro. A questo importo si devono aggiungere le spese del procedimento.
Se il pagamento viene effettuato nei termini indicati, dunque, il procedimento si estingue, come illustrato al paragrafo 3.a.1) della circolare n. 121/2016.
3. L’ordinanza di archiviazione e l’ordinanza-ingiunzione
L’articolo 18 della legge n. 689/1981 prevede che, entro il termine di trenta giorni dalla data della contestazione o notificazione della violazione, gli interessati possono fare pervenire all’autorità competente scritti difensivi e documenti e possono chiedere di essere sentiti dalla medesima autorità.
L’autorità competente, sentiti gli interessati, ove questi ne abbiano fatto richiesta, ed esaminati i documenti inviati e gli argomenti esposti negli scritti difensivi, se ritiene fondato l’accertamento, determina, con ordinanza motivata, la somma dovuta per la violazione e ne ingiunge il pagamento, insieme con le spese, all’autore della violazione e alle persone che vi sono obbligate solidalmente[4].
In caso contrario, qualora a seguito della fase istruttoria si verifichi che la condotta del soggetto non costituisce illecito amministrativo oppure in presenza di vizi formali, l’autorità competente emette ordinanza motivata di archiviazione degli atti.
In particolare, il provvedimento di archiviazione può essere adottato in presenza delle seguenti circostanze:
– insussistenza del fatto o della violazione legislativa;
– non responsabilità di uno o più soggetti ovvero sussistenza di cause che comportano l’esclusione della responsabilità (cfr. l’articolo 4 della legge n. 689/1981);
– omissione della contestazione o della notificazione delle violazioni a uno o più soggetti responsabili entro i termini indicati dall’articolo 14 della legge n. 689/1981;
– decorso del termine di prescrizione di cinque anni dal giorno in cui è stata commessa la violazione (cfr. l’articolo 28 della legge n. 689/1981);
– incapacità di intendere e di volere dell’autore delle violazioni (cfr. l’articolo 2 della legge n. 689/1981);
– violazione commessa per comportamento incolpevole dell’autore (cfr. l’articolo 3 della legge n. 689/1981);
– morte di uno o più soggetti responsabili.
Il provvedimento di archiviazione non è da ritenere definitivo, potendo essere revocato in base al potere di autotutela riconosciuto alla pubblica Amministrazione, che potrà essere esercitato fino al momento in cui interverrà la prescrizione di cui all’articolo 28 della legge n. 689/1981 o un’altra causa che faccia venire meno la responsabilità dei soggetti interessati.
Presupposto per l’avvio del procedimento di emissione dell’ordinanza-ingiunzione per l’irrogazione della sanzione amministrativa pecuniaria da 10.000 euro a 50.000 euro è, dunque, come indicato in premessa, la fondatezza dell’accertamento e l’assenza del pagamento delle ritenute omesse ovvero della sanzione in misura ridotta entro i termini sopra indicati.
Ai sensi dell’articolo 11 della legge n. 689/1981, nella determinazione della sanzione amministrativa pecuniaria fissata dalla legge tra un limite minimo ed un limite massimo, si ha riguardo alla gravità della violazione, all’opera svolta dall’agente per l’eliminazione o attenuazione delle conseguenze della violazione, nonché alla personalità dello stesso e alle sue condizioni economiche.
Sul punto, si rappresenta che la misura della sanzione così determinata, intervenendo a seguito di un’espressa volontà del trasgressore di non effettuare il pagamento, ai sensi dell’articolo 16 della legge n. 689/1981, della sanzione in misura ridotta, che avrebbe consentitol’estinzione del procedimento sanzionatorio, porterà, come anche evidenziato dal Ministero del Lavoro e delle politiche sociali nella nota prot. n. 9099 del 3 maggio 2016, di norma e in coerenza con la ratio deflativa del citato articolo 16, all’irrogazione di una sanzione di importo superiore a quello determinato in misura ridotta di 16.666 euro.
3.1. Notificazione
La notificazione dell’ordinanza-ingiunzione è eseguita nelle forme previste dall’articolo 14 della legge n. 689/1981[5] e, pertanto, quando la notificazione non può essere eseguita in mani proprie del destinatario, ai sensi dell’articolo 137, quarto comma, del codice di procedura civile[6].
La notificazione può essere eseguita dall’ufficio che adotta l’atto, secondo le modalità di cui alla legge 20 novembre 1982, n. 890, recante: “Notificazioni di atti a mezzo posta e di comunicazioni a mezzo posta connesse con la notificazione di atti giudiziari”.
La stessa ordinanza-ingiunzione notificata all’autore della violazione (obbligato principale) è notificata anche all’obbligato in solido, se presente.
3.2. Pagamento
Il pagamento deve essere effettuato in unica soluzione entro il termine di trenta giorni dalla notificazione dell’ordinanza-ingiunzione. Il termine per il pagamento è di sessanta giorni se l’interessato risiede all’estero.
In presenza di un obbligato in solido, il pagamento deve essere effettuato una sola volta o dal trasgressore principale o dall’obbligato in solido e li libera entrambi.
Se la violazione è stata contestata a più persone (cfr. l’articolo 5 della legge n. 689/1981[7]), l’eventuale obbligato in solido, in caso di mancato pagamento da parte degli autori della violazione, è chiamato a pagare le sanzioni comminate a ciascuno di essi.
L’autorità amministrativa che ha applicato la sanzione pecuniaria può disporre, ai sensi dell’articolo 26 della legge n. 689/1981, su richiesta dell’interessato che si trovi in condizioni economiche disagiate, che la sanzione venga pagata in rate mensili da tre a trenta. A tal fine è stato predisposto il modello SC97 “Richiesta di pagamento rateale dell’Ordinanza-Ingiunzione (ai sensi e per gli effetti dell’art. 26 della legge n. 689/1981)”, pubblicato sul sito www.inps.it, disponibile al seguente percorso: “Prestazioni e servizi” > “Moduli”.
La richiesta di rateizzazione (da presentare alla Struttura Inps territorialmente competente con PEC, raccomandata o presso gli uffici) deve essere proposta, a pena di inammissibilità, nel termine perentorio di trenta giorni dalla notifica dell’ordinanza-ingiunzione.
L’ufficio si riserva di decidere sulla congruità del numero delle rate richieste in relazione all’importo totale della sanzione e alle condizioni economiche dichiarate nella domanda.
Se l’ufficio respinge la richiesta di rateizzazione, il pagamento dovrà essere effettuato in unica soluzione entro quindici giorni dalla notifica del provvedimento di reiezione della richiesta.
Se la richiesta viene accolta, l’ufficio notifica un provvedimento con cui dispone gli importi e le scadenze dei pagamenti; negli importi delle rate mensili, la prima rata contiene l’integrale saldo delle spese del procedimento. Non sono previste ulteriori maggiorazioni e, pertanto, non sono applicabili gli interessi di dilazione.
In ogni momento il debito può essere estinto mediante un unico pagamento. Decorso inutilmente, anche per una sola rata, il termine fissato dall’autorità amministrativa, l’obbligato è tenuto al pagamento del residuo ammontare della sanzione in un’unica soluzione.
Salvo quanto previsto nell’articolo 26 della legge n. 689/1981, in caso di ritardo nel pagamento la somma dovuta è maggiorata di un decimo per ogni semestre a decorrere da quello in cui la sanzione è divenuta esigibile e fino a quello in cui il credito è trasferito per il recupero all’agente della riscossione. La maggiorazione assorbe gli interessi previsti dalle disposizioni vigenti.
Il diritto a riscuotere le somme dovute si prescrive nel termine di cinque anni dal giorno in cui è stata commessa la violazione. L’interruzione della prescrizione è regolata dalle norme del codice civile che, all’articolo 2943, quarto comma, dispone che “la prescrizione è inoltre interrotta da ogni altro atto che valga a costituire in mora il debitore”.
Pertanto, l’atto di accertamento della violazione regolarmente notificato determina l’effetto interruttivo della prescrizione.
L’obbligazione di pagare la somma dovuta per la violazione si estingue per la persona nei cui confronti è stata omessa la notificazione dell’ordinanza-ingiunzione nel termine prescritto.
3.3. Opposizione
L’ordinanza-ingiunzione costituisce titolo esecutivo, contro il quale gli interessati possono proporre opposizione dinanzi all’autorità giudiziaria ordinaria ai sensi degli articoli 22 e seguenti della legge n. 689/1981. L’opposizione è regolata dall’articolo 6 del decreto legislativo 1° settembre 2011, n. 150[8].
In particolare, l’opposizione si propone davanti al tribunale del luogo dove è stata commessa la violazione, trattandosi di sanzione applicata per una violazione concernente disposizioni in materia di previdenza e assistenza obbligatoria. Il ricorso è proposto, a pena di inammissibilità, entro trenta giorni dalla notificazione del provvedimento ovvero entro sessanta giorni se il ricorrente risiede all’estero, e può essere depositato anche a mezzo del servizio postale.
Il ricorso non sospende automaticamente l’esecutività dell’ordinanza-ingiunzione.
L’efficacia esecutiva del provvedimento impugnato può essere sospesa secondo quanto previsto dall’articolo 5 del decreto legislativo n. 150/2011[9].
L’opponente e l’autorità che ha emesso l’ordinanza possono stare in giudizio personalmente e l’autorità che ha emesso l’ordinanza può avvalersi anche di funzionari appositamente delegati.
Il giudice accoglie l’opposizione quando non vi sono prove sufficienti della responsabilità dell’opponente.
Con la sentenza che accoglie l’opposizione il giudice può annullare in tutto o in parte l’ordinanza o modificarla anche limitatamente all’entità della sanzione dovuta, che è determinata in una misura in ogni caso non inferiore al minimo edittale.
3.4. Esecuzione forzata
Decorso inutilmente il termine fissato per il pagamento, l’autorità che ha emesso l’ordinanza-ingiunzione procede alla riscossione delle somme dovute, avviando l’esecuzione forzata ai sensi dell’articolo 27 della legge n. 689/1981 in combinato disposto con l’articolo 30 del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2020, n. 122, ai sensi del quale: “A decorrere dal 1° gennaio 2011, l’attività di riscossione relativa al recupero delle somme a qualunque titolo dovute all’Inps, anche a seguito di accertamenti degli uffici, è effettuata mediante la notifica di un avviso di addebito con valore di titolo esecutivo”.
Il pagamento dell’avviso di addebito deve essere effettuato entro sessanta giorni dalla sua notifica mediante versamento all’agente della riscossione. In caso di condizioni economiche disagiate, è possibile chiedere la rateizzazione dell’avviso di addebito direttamente all’agente della riscossione.
Qualora l’interessato ritenga che le somme affidate all’agente della riscossione non siano dovute o siano dovute solo in parte perché è stato effettuato il regolare pagamento dell’ordinanza-ingiunzione indicata nell’avviso di addebito, può presentare istanza, accompagnata dalla documentazione attestante l’avvenuto pagamento, affinché, nell’esercizio del potere di autotutela, venga disposto l’annullamento dell’avviso di addebito.
Nel caso in cui, invece, l’interessato ritenga di avvalersi della tutela giurisdizionale, può proporre:
– opposizione ai sensi dell’articolo 6 del decreto legislativo n. 150/2011 entro trenta giorni dalla notifica dell’avviso di addebito nei casi in cui lo stesso sia stato emesso senza che prima sia stata notificata l’ordinanza-ingiunzione;
– opposizione agli atti esecutivi nel termine di venti giorni dalla notifica dell’avviso di addebito e nelle forme ordinarie regolate dall’articolo 617 c.p.c. nel caso in cui contesti la regolarità formale dell’avviso di addebito o si adducano vizi di forma del procedimento di esecuzione, compresi i vizi inerenti alla notifica dell’avviso di addebito[10];
– opposizione all’esecuzione nelle forme ordinarie regolate dall’articolo 615 c.p.c. quando oggetto della contestazione siano l’illegittimità dell’avviso di addebito per omessa notifica dello stesso o fatti estintivi sopravvenuti alla formazione del titolo esecutivo (pagamento della sanzione).
4. Disposizioni operative
Come descritto al paragrafo 2, l’ordinanza-ingiunzione fa seguito alla notifica dell’accertamento della violazione che, oltre ad assegnare il termine di tre mesi per il versamento delle ritenute omesse, contiene l’avviso che, in assenza del versamento delle ritenute omesse entro il termine stabilito, trova applicazione la sanzione amministrativa nella misura prevista dall’articolo 2, comma 1-bis, del decreto-legge n. 463/1983 – da 10.000 euro a 50.000 euro – e che, ai fini dell’estinzione del procedimento sanzionatorio, l’autore dell’illecito potrà versare, entro il termine di sessanta giorni, l’importo della sanzione amministrativa, quantificata nella misura ridotta ai sensi dell’articolo 16 della legge n. 689/1981, pari a 16.666 euro, ossia alla terza parte del massimo della sanzione prevista di 50.000 euro.
L’assenza del pagamento delle ritenute omesse o della sanzione amministrativa in misura ridotta nei suddetti termini comporta, come anche evidenziato dal Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali nella citata nota del 3 maggio 2016, l’irrogazione di una sanzione amministrativa di importo superiore a quello determinato in misura ridotta.
Pertanto, essendo la sanzione amministrativa in misura ridotta pari a 16.666 euro, la sanzione amministrativa che sarà irrogata con l’ordinanza-ingiunzione avrà un importo da un minimo di 17.000 euro fino a un massimo di euro 50.000.
Ai fini della determinazione della graduazione, l’Istituto terrà conto dell’importo delle ritenute omesse per le quali è previsto il raggruppamento per fasce e dell’eventuale reiterazione della violazione.
L’ordinanza-ingiunzione viene emessa nei confronti dei soggetti (autore della violazione e, se presente, obbligato in solido) per i quali l’atto di accertamento della violazione risulti regolarmente notificato.
Come anticipato, il pagamento dell’importo della sanzione richiesta con l’ordinanza-ingiunzione dovrà essere effettuato in unica soluzione entro il termine di trenta giorni dalla notificazione dell’ordinanza-ingiunzione e, nel caso in cui l’interessato risieda all’estero, il termine per il pagamento è di sessanta giorni. Resta ferma, come già specificato al precedente paragrafo 3.2, la facoltà di chiedere la rateizzazione dell’importo della sanzione entro lo stesso temine.
Il pagamento, come indicato nell’ordinanza-ingiunzione, dovrà avvenire a mezzo F24 Elide, utilizzando il codice tributo “SAMM”.
Fonte: www.inps.it
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